Linguistica contrastiva e didattica di lingue affini: l'insegnamento dell'italiano ad un pubblico ispanofono

Didattica di lingue affini

Lo studio di una lingua affine alla propria lingua materna è un percorso che può inizialmente facilitare il discente, ma che nelle fasi successive prospetta diverse «trappole» in cui è molto facile cadere. In particolare, italiano e spagnolo presentano affinità che sono un’arma a doppio taglio: l’approccio iniziale dello studente verso la lingua meta è ottimista, poiché egli ha la percezione di poter comunicare con conoscenze linguistiche minime. Il processo di apprendimento dello studente, però, viene anche disturbato da queste affinità, in quanto ad un’elevata facilità comunicativa iniziale corrisponde una forte tendenza alla contaminazione e alla fossilizzazione degli errori nelle fasi successive, il che porta ad un distanziamento da parte dell’alunno [1] a. Si arriva così ad un punto morto: se non si prende piena coscienza delle dimensioni del contrasto linguistico tra la L1 e la LS affine, il rischio è una costante riproduzione di espressioni che non corrispondono a quelle del madrelingua o un erroneo ricorso agli elementi comuni delle due lingue. Di conseguenza, appena passata la fase iniziale, gli effetti positivi del transfer/interferenza tendono a rimanere repressi, per poi essere recuperati in una fase più avanzata del processo d’apprendimento (Calvi, 1995). Le similitudini tra italiano e spagnolo sono spesso ingannevoli, e il fatto che numerose parole uguali, o quasi, esprimano significati diversi (es. burro>asino, aceite >olio, subir>salire) è la prova di una celata difficoltà, manifestata da falsi amici, parole inesistenti o espressioni non frequenti in una delle due lingue, che comunque non minano l’entusiasmo iniziale del discente [2] . Si può paradossalmente affermare che, ad un livello immediatamente successivo a quello iniziale, le affinità linguistiche ostacolano lo studio della LS: Herold E. Palmer [3] afferma che una scarsa somiglianza morfologica permette un sistema di studio migliore, in quanto si presentano meno occasioni (o “tentazioni”) di transfer positivo o negativo. La poca distanza che si percepisce quindi tra italiano e spagnolo porta il discente a ricorrere in modo massiccio, «invasivo» alle conoscenze della propria lingua madre, che lo inducono a tradurre letteralmente.

La linguistica contrastiva: sviluppi e implicazioni glottodidattiche

La Linguistica Contrastiva (LC) nasce tra gli anni ’40 e ’50 come un ramo distaccato della linguistica applicata. è nel 1941, negli Stati Uniti, che entra per la prima volta in scena il termine Contrastive Linguistics in un articolo del linguista e antropologo americano Benjamin Lee Whorf [4] .

Ricordiamo che la linguistica comparata, nell’ambito della glottodidattica, suggeriva un insegnamento della lingua straniera con l’approccio grammatica-traduzione, basato su una riflessione interlinguistica guidata dal docente. Si attribuisce comunque a Robert Lado, autore di Linguistics Across Cultures (1957), lo sviluppo e la diffusione di questo tipo di analisi linguistica a fini didattici. Siamo nel periodo dello strutturalismo e del behaviorismo e i propositi di Lado sono quelli di risolvere i problemi generati dall’apprendimento di una lingua straniera. La LC attua un confronto sistematico tra la L1 e la LS o L2 [5] , studiando gli effetti prodotti dalle differenze tra le strutture delle due lingue. Si parte quindi con un’analisi contrastiva (AC) per anticipare un confronto interlinguistico, in modo da evitare la trasposizione meccanica, data dal metodo della traduzione, dalla L1 alla LS. L’obiettivo è acquisire la lingua meta abbandonando la L1 durante l’insegnamento, poiché considerata come un ostacolo, un’interferenza. Inoltre, Lado osserva che è più facile apprendere gli aspetti della LS più simili alla L1 rispetto a quelli più differenti, quindi il confronto della lingua materna dell’alunno con la LS può individuare i contrasti che generano difficoltà ed errori. Negli Stati Uniti, la proposta di Lado è stata accolta favorevolmente e sono stati portati avanti progetti di ricerca, che vedono l’inglese come lingua da confrontare alle varie lingue europee (francese, italiano, spagnolo, tedesco, ma anche finlandese, serbo-croato e polacco).

Nel 1967 viene pubblicato un articolo che promuove l’analisi degli errori: The Significance of Learner’s Errors di Pit Corder [6] , il quale sostiene che non tutti gli errori degli studenti sono dovuti all’influenza negativa della L1. Per questo motivo si ritiene necessario analizzare gli errori commessi dai discenti, poiché hanno un ruolo fondamentale nel processo d’apprendimento, come vedremo più avanti. Negli anni ’80 si fa strada la teoria dell’acquisizione linguistica, promossa da S. Krashen, insieme a Dulay e Burt [7] . Si deve distinguere tra apprendere una lingua e acquisirla. Krashen distingue tra l’acquisizione profonda, stabile, che genera comprensione e produzione linguistica con processi automatici, e l’apprendimento razionale e volontario, ma di durata relativamente breve, che funge da monitor per l’esecuzione linguistica. Durante l’apprendimento, si può avere la sensazione temporanea di aver ottenuto un risultato positivo, ma in realtà ciò non si traduce necessariamente in acquisizione e non è pertanto garanzia di una prestazione linguistica corretta. A tal fine è importantissimo che l’insegnante rifletta continuamente sul suo operare quotidiano, analizzando quali delle sue azioni didattiche sono finalizzate all’apprendimento e quali all’acquisizione. L’acquisizione è un processo inconscio e quanto viene acquisito concorre a far parte stabile della competenza di ogni persona. è sulla competenza linguistica che si basa la produzione linguistica di ciascuno di noi. D’altro canto, l’apprendimento è un processo razionale, basato sulla memoria a medio termine, e perciò non definitivo. Si è spesso discussa la possibilità che l’apprendimento razionale possa trasformarsi, alla fine, in acquisizione, ma mentre Krashen dissente, altri studiosi credono che, in condizioni adatte, anche l’apprendimento possa portare all’acquisizione. Alla base della teoria di Krashen sta, comunque, l’idea che per portare l’allievo all’acquisizione si debba lavorare con metodologia induttiva. Secondo Chomsky, il processo d’acquisizione della lingua materna da parte del bambino non si basa esclusivamente sull’imitazione del linguaggio degli adulti, ma poggia su un meccanismo innato di apprendimento che permette in modo inconscio di generare regole per formare parole e frasi [8] . Secondo questa teoria, analogamente, anche il processo d’acquisizione della LS è guidato da meccanismi innati: la L1 non è responsabile di un trasferimento meccanico di strutture, ma di un’azione sottile e diversificata che porta l’allievo a ipotizzare le regole della lingua meta. L’apprendimento di informazioni nuove si basa sulle informazioni già conosciute (o acquisite); a questo concetto sono legate le definizioni di interlingua (Selinker) e influenza linguistica (Kellerman), di cui si parlerà a breve.

L’attuale ricerca contrastiva è caratterizzata dai seguenti punti:

  1. Ogni confronto linguistico è anche un confronto culturale, visto che non si può separare il concetto di lingua da quello di cultura [9] ;
  2. 2I ricercatori che effettuano analisi contrastive hanno interessi scientifici diversificati: non solo l’insegnamento delle lingue straniere, ma anche la descrizione di singole lingue, la traduzione e la compilazione di dizionari bilingui;
  3. Si contestualizzano tutte le unità linguistiche confrontate (frasi, parole, suoni, ecc.): viene, cioè, esaminato il loro uso in un contesto linguistico ed extralinguistico;
  4. L’oggetto del confronto è il testo sia scritto che parlato, inteso come unità di comunicazione;
  5. I dati linguistici analizzati sono autentici e vengono estratti da corpora testuali bilingui.
  6. Purtroppo sono poche le ricerche contrastive tra italiano e spagnolo e ciò denota una mancanza di attenzione nei confronti della LC e, quindi, dei lavori realizzati sulla lingua italiana nei paesi ispanofoni e sulla lingua spagnola in Italia. Per questo motivo è opportuno, come suggerisce Maria Vittoria Calvi (1995), sviluppare la LC in distinti livelli d’analisi: fonetica e fonologia, lessico, morfologia e sintassi. Sarebbe quindi opportuna la realizzazione di materiale didattico mirato ad uno specifico gruppo di studenti per far fronte ad esigenze specifiche. Proprio per quanto riguarda la didattica di italiano e spagnolo, la tendenza è promuovere “un’analisi dinamica contrastiva” (Calvi, 1995): la LS deve essere fonte di ipotesi sulla L1. Ciò aumenterebbe la coscienza linguistica degli alunni, costretti indirettamente ad un continuo confronto con la propria lingua madre. Inoltre, è molto importante l’uso di strategie didattiche diversificate per cercare di coinvolgere il più possibile l’alunno, che deve essere il vero protagonista all’interno dell’aula. Uno degli obiettivi (e doveri) principali del docente è quello di motivare prima ancora di insegnare: senza motivazione, non si potrà certamente compiere fino in fondo l’iter di acquisizione linguistica, poiché è l’interesse dello studente che esercita in primo luogo la spinta per il processo cognitivo [10]
  7. .

L’interlingua

Il termine interlingua, introdotto tra gli anni ’60 e ’70, identifica la lingua usata dai discenti come un vero e proprio sistema linguistico con particolari caratteristiche e con una propria organizzazione. L’interlingua è un sistema instabile e transitorio che lo studente elabora durante le fasi di apprendimento della lingua meta. Secondo le diverse definizioni che si possono dare all’interlingua, si distinguono tre paradigmi [11] : Sistema: l’interlingua non può essere considerata un miscuglio tra la lingua madre e la lingua meta, poiché è un sistema con regole proprie. Evoluzione: dal momento che l’iter d’apprendimento si basa su meccanismi di ipotesi e verifica delle stesse, il sistema dell’interlingua varia e si evolve progressivamente in modo direttamente proporzionale alla formulazione e verifica di ipotesi. Specificità. l’interlingua è un sistema corretto nella propria idiosincrasia, in quanto è una lingua propria del discente.

Essendo, appunto, una lingua propria dell’alunno, l’interlingua, o meglio le interlingue [12] sviluppano i loro principi costitutivi in base a [13] : (a) Le conoscenze linguistiche precedenti (quindi la L1, altre lingue prime o seconde conosciute e quanto già si sa della LS); (b) Le proprietà dell’input che ricevono (quindi, in base a come è la LS); (c) alla capacità linguistica umana.

Secondo gli studi sull’apprendimento linguistico portati a termine da Corder e Selinker [14] , il concetto di interlingua è legato agli studi di analisi degli errori: l’apprendimento di una lingua, infatti, non deriva da una sequenza casuale di nozioni, ma avviene attraverso sistemi strutturati (Corder, 1967). L’interlingua è il sistema linguistico intermedio tra la lingua materna del discente e la lingua meta, generato proprio dai processi mentali messi in atto dallo studente stesso: si formulano costantemente ipotesi sul funzionamento della nuova lingua, che vanno verificate e successivamente confermate o rifiutate. Si tratta quindi di un processo in continua evoluzione: lo studente, nelle prime fasi d’apprendimento, generalizza le regole della lingua materna, in seguito si allontana a poco a poco da esse per avvicinarsi a quelle proprie della lingua meta. L’interlingua ovviamente si forma in modo graduale, secondo quello che Krashen chiama “ordine naturale” di acquisizione linguistica, ed è proprio per questo che è importante che venga stabilita una gradualità di presentazione delle norme della lingua meta e che ci sia un’indiscutibile chiarezza sul curricolo e sul sillabo della lingua da insegnare. Essendo l’interlingua caratterizzata da una grammatica diversa dalla L1 e dalla lingua meta, si è sentita la necessità di trovare una metodologia per la ricerca su questo sistema a se stante. Il linguista statunitense Christian Adjémian [15] propone la seguente metodologia: (a) Isolare le caratteristiche proprie dell’interlingua; (b) Studiare le interazioni tra queste caratteristiche e le proprietà universali condivise tra l’interlingua e le altre lingue naturali; (c) Spiegare la ragione delle differenze tra l’interlingua e le altre lingue naturali. Il linguista prosegue elencando tre fenomeni legati all’interlingua: (1) Fossilizzazione. Si parla di fossilizzazione quando rimangono nello studente tracce della grammatica della L1 o dell’interlingua; (2) Regressione volontaria, che si manifesta quando si scoprono nel discente errori che si credevano superati. Questo fenomeno può avere più risonanza nel caso di lingue affini, poiché la “perdita di fiducia” di cui parla Maria Vittoria Calvi (Calvi, 1995) fa in modo che lo studente riconsideri quanto appreso in tappe precedenti: come spiegato in precedenza, nozioni apprese facilmente grazie all’”affinità” percepita tra italiano e spagnolo vengono successivamente messe in discussione; (3) Permeabilità. Si parla di permeabilità quando le regole della L1 entrano nel sistema dell’interlingua, o quando si verificano ipergeneralizzazioni delle regole stesse.

Secondo Domínguez Vázquez [16] , l’influenza interlinguistica si manifesta attraverso un trasvase de unidades dalla L1 alla LS [17] , inizialmente unidirezionale per la mancanza di dominio della lingua meta, e successivamente bidirezionale, così dalla L1 alla LS come dalla LS alla L1, proprio per un dominio simile di entrambe le lingue. Da una parte, quindi, l’affinità tra italiano e spagnolo aiuterebbe a creare maggior coscienza linguistica della propria lingua madre proprio per un continuo e diretto confronto con la lingua meta; dall’altra, si corre il rischio di una confusione linguistica sulle sottili divergenze che non vengono chiarite in modo approfondito. Infatti, spesso si creano automatismi che riflettono la struttura corretta del codice linguistico conosciuto (L1). In tutto ciò, possiede un ruolo fondamentale il concetto di “distanza percepita”, cioè la percezione di una maggiore o minore prossimità dei codici, individuata da Kellerman [18] in tre tappe fondamentali concepite in un processo a forma di U. Il principiante tende ad applicare alla LS le strutture della propria lingua madre e nel momento in cui incontra forti affinità, la percezione della distanza è minima. Come afferma Maria Vittoria Calvi (1995), la sensazione di forte affinità è avvertita per l’analogia tra il sistema vocalico italiano e quello spagnolo e per le trasparenze lessicali, che facilitano la comprensione anche in presenza di poche conoscenze della LS. Raggiunto un livello intermedio, l’alunno perde fiducia nel transfer: entra in gioco la percezione di distanza, poiché si notano maggiormente le differenze. In una terza fase, proseguendo con lo studio della LS, lo studente riacquista fiducia nelle affinità linguistiche tra la propria lingua e la lingua meta, poiché consolida le competenze linguistiche e si mostra più propenso al transfer. Allo stesso tempo, però, emerge una tendenza ad adagiarsi e a far fossilizzare certi errori, il che rispecchia il perdurare di determinate fuorvianze linguistiche nelle diverse fasi dell’interlingua. Davanti allo sforzo che implica migliorare la competenza nella lingua meta, le conoscenze acquisite fanno propendere per il transfer, strategia di gran lunga più comoda (Calvi, 2007).

Errori: Orrori?

Come affermato in precedenza, la linguistica contrastiva parte dal presupposto che le divergenze tra il sistema della lingua materna e della lingua straniera sono la principale fonte di errori che compiono gli studenti e che quindi un’attenta analisi contrastiva tra le due lingue aiuterebbe ad evitare tali errori. Corder (1967) ipotizza lo studio degli errori partendo anche dagli studi di Chomsky, che affermano che un bambino, nel processo d’acquisizione della propria lingua madre, usa non solo stimoli ricevuti, ma anche le proprie capacità innate per comprenderne e formularne le regole. Gli errori, quindi, sono la dimostrazione che il soggetto applica le proprie capacità mentali nella formulazione delle regole della lingua meta: l’errore è una fase di passaggio necessaria (sarebbe paradossale avere studenti che non commettono errori) che viene a crearsi quando le ipotesi dell’alunno sfociano in regole errate. Con l’analisi degli errori si cercano le cause che inducono gli apprendenti a commetterli. Per esempio, errori di omissione di articoli, preposizioni, ausiliari ecc., potrebbero significare che lo studente ricorre a strategie di semplificazione. Ci sono alcuni fattori che determinano l’errore e che si possono riassumere come segue: l’apprendente e le sue capacità (fattore personale); la lingua madre che, come già detto, influenza l’apprendimento della LS; un’altra lingua straniera conosciuta che può creare interferenze; la cultura di origine; le strategie di comunicazione e di apprendimento; la lingua meta (a seconda della distanza percepita o delle affinità); il metodo di insegnamento; il luogo in cui si studia (contesto eso o endolinguistico). L’insegnante, sapendo già in partenza quali sono gli errori più comuni da parte degli alunni, sarà stimolato ad adattare la programmazione didattica. Se, ad esempio, nel caso di studenti ispanofoni, il problema fonetico è localizzato prevalentemente sulla differenza tra i fonemi /v/ e /b/, l’insegnante provvederà con un corpus di esercizi mirati a far sì che questo importante ostacolo raggiunga dimensioni ridotte. In generale, grazie all’errore, è possibile: (a) trarre conclusioni oggettive sul suo metodo d’insegnamento e valutare l’efficacia del percorso seguito e del materiale utilizzato; (b) rendersi conto di ciò che realmente hanno assimilato gli studenti e quanto ancora c’è da fare; (c) cogliere le strategie che lo studente adotta durante l’apprendimento della lingua; (d) decidere di quanto tempo disporre per risolvere questioni problematiche; (e) riordinare il materiale didattico in modo da ricercare percorsi alternativi; (f) preparare lezioni, esercizi e test di rinforzo. Di seguito analizzeremo alcuni fenomeni che conformano l’apprendimento di una lingua straniera affine alla L1 dell’apprendente: la già menzionata fossilizzazione, le interferenze (date dalla L1 o da altre lingue studiate), le opacità linguistiche, i falsi amici e l’annosa divergenza tra la norma linguistica e il suo uso concreto.

La fossilizzazione

La fossilizzazione dell’errore è considerato il più significativo problema nell’apprendimento di una lingua straniera ed è inoltre uno dei punti di partenza per le ricerche sulla linguistica acquisizionale. Nonostante sia un fenomeno ampiamente discusso, mancano ricerche mirate a darne una specifica definizione e per questo sono comuni le confusioni con altri termini o l’associazione con diverse variabili: learning plateaus, backsliding, ultimate attainment, attrition, ecc. [19] . La fossilizzazione dell’errore è legata all’acquisizione linguistica. Nel processo di apprendimento bisogna dunque far leva sulla naturalezza e la pragmatica della lingua meta, proprio per andare oltre l’apprendimento stesso e compiere il passo chiamato acquisizione. Quello che succede, soprattutto nel caso di lingue affini, è che lo studente generalizza regole grammaticali, applicandole anche quando non è il caso di farlo. Se quindi lo studente non si preoccupa di portare a termine in maniera completa l’iter d’acquisizione attraverso l’attivazione del monitor (cioè, il controllo esercitato in base alle regole grammaticali della lingua meta) e se il docente non sensibilizza lo studente a cogliere la vera natura di tale errore, quest’ultimo si fossilizza e rimane acquisito dall’alunno. Si potrebbe parlare, dunque, di errore acquisito, che rimarrebbe inconsciamente nel codice linguistico della LS parlata dal discente. è interessante notare, inoltre, che gli studi effettuati finora sul versante teorico indicano che la fossilizzazione è un fenomeno irreversibile, mentre altri ricercatori affermano che in campo glottodidattico è possibile correggere o addirittura prevenire questo tipo di errore. Esiste perfino il sospetto che siano proprio le procedure didattiche nell’ambito di lingue affini a provocare questo fenomeno [20] .

Le interferenze e il transfer

Kellerman propone una distinzione tra interferenza, intesa come il risultato puramente linguistico dovuto all’influenza di un’altra lingua, e transfer, che indica il processo psicologico che precede l’interferenza [21] . Comunque sia, non esistono definizioni precise riguardo al concetto d’interferenza. Basti sapere che in genere per interferenza si intende una “fuorvianza” della L2 (o della LS) dovuta al passaggio diretto di regole e strutture dalla L1 alla lingua meta, o un erroneo processo d’apprendimento interno che riguarda le regole della L2 (o della LS). In base al tipo di interferenza, si possono verificare [22] : (1) Transfer interlinguistico: si verifica quando la L1 influenza l’apprendimento della lingua meta. (2) Transfer intralinguistico: si verifica per un percorso didattico errato interno alla lingua meta. Ciò dipende da ipergeneralizzazioni o interpretazioni errate delle regole della lingua meta.

Il transfer, inoltre, a seconda degli effetti che sortisce, può essere di due tipi [23] : (a) Positivo: si verifica quando gli elementi della L1 (o di altre lingue studiate) interferiscono nell’apprendimento della lingua meta, rendendolo più facile; (b) Negativo: si verifica quando l’uso di vocaboli o regole della L1 (o di altre lingue studiate) porta a commettere errori nella lingua meta.

Per l’insegnante di una LS, non basta conoscere in maniera approfondita sia la lingua che si insegna sia la lingua materna degli studenti, ma sarà anche necessario conoscere quelle lingue con cui l'alunno ha contatti sia culturali sia attraverso i mass media. Inoltre, frequentemente l’italiano non è l’unica lingua studiata e ciò provoca una sorta di sovrapposizione dei codici linguistici di altre lingue straniere conosciute o apprese dallo studente, oltre a quelli della lingua madre [24] . Il fenomeno delle interferenze si manifesta maggiormente in caso di lingue affini, poiché è più forte la tendenza al transfer, che però non sempre risulta essere positivo (Calvi, 1995). Inoltre è necessario precisare che non è rilevante solo l'effettivo grado di somiglianza o differenza tra le lingue, ma quanto prossime o lontane le percepisce il discente. Ciò significa che il transfer da una lingua all’altra dipende dall’intuizione dell’alunno, in altre parole dalla distanza percepita tra le due lingue. L’interferenza, comunque, non dipende solo dalla distanza percepita, ma è imputabile anche a diversi fattori sia strutturali sia extra-linguistici che possono riguardare la varietà diastratica, diafasica o diatopica della lingua (Domínguez Vázquez, 2007). Detto ciò, risulta evidente che l’interferenza può essere conscia o inconscia. Consciamente, lo studente può ipotizzare perché non ha appreso o ha dimenticato l'uso corretto. Inconsciamente, lo studente può non considerare che le caratteristiche delle lingue possono differire, o può conoscere le regole corrette senza saperle mettere in pratica e quindi ripiegare sull'esempio della propria lingua madre. Le interferenze si possono manifestare a vari livelli. Prendendo in considerazione lo studio dell’italiano LS da parte di studenti ispanofoni, le possiamo classificare e schematizzare come segue:

Fonetica. La differenza tra i suoni dello spagnolo e dell’italiano fa in modo che l’ispanofono tenda ad adattare le caratteristiche fonetiche dello spagnolo a quelle dell’italiano, che non sempre corrispondono, nonostante a volte la grafia sia la stessa. Es. /kaza/ (it.) ? /kasa/ (sp.); /t?elo/ (it.) ? /?ielo/ (sp. peninsulare), /sielo/ (sp. d’America)

Sintagma nominale. Si verificano vari fenomeni di interferenza legati al sintagma nominale come cambi di genere (Es. il conto – la cuenta) o cambi di numero (Es. i capelli – el pelo);

Sintagma verbale. Il differente uso di tempi e modi verbali influisce nella produzione degli studenti (Es. l’uso del condizionale semplice versus il composto o del congiuntivo versus l’indicativo)

Preposizioni. Ad esempio l’uso delle preposizioni in verbi come pensare o sognare: pensare a (it.) – pensar en (sp.); sognare + compl. diretto (it.) – soñar con (sp.).

Lessico. Nella maggior parte dei casi, l’interferenza nel lessico si riscontra nei falsi amici, ad esempio: caldo (it.) = calente (sp.) VERSUS caldo (sp.) = brodo (it.)

Opacità e falsi amici

Opacità e falsi amici sono tra i tranelli più insidiosi nell’ambito della didattica di lingue affini. Per opacità si intendono quelle parole o costruzioni morfosintattiche che risultano poco chiare nell’iter interpretativo dello studente; si fa riferimento quindi al momento della comprensione, in cui il contesto aiuta la decodificazione di una parola sconosciuta, soprattutto nel caso di lingue affini (Calvi, 1995). Se, ad esempio, si sta parlando di botanica, la parola italiana “garofano” (sp. clavel) non verrà immediatamente compresa dagli studenti ispanofoni, ma certamente capiranno che si tratta di un fiore o di una pianta. Il vero problema si presenta in presenza di termini che oscillano tra opacità e trasparenza. Per esempio, l’espressione idiomatica “acqua e sapone” può andare tanto verso la trasparenza quanto verso l’opacità: (1) Mi lavo le mani con acqua e sapone. (2) è una ragazza acqua e sapone. Il primo esempio risulta chiaro, in quanto “acqua e sapone” indica ciò che uso per lavarmi le mani; nel secondo esempio, invece, l’espressione “una ragazza acqua e sapone” sta a significare “una ragazza semplice”. Questo tipo di espressioni idiomatiche, o unità lessicali minime, rappresentano una grande difficoltà a livello interpretativo per gli stranieri, proprio perché non hanno un’entrata autonoma nei dizionari monolingue (come invece la parola “garofano”). La consultazione di un dizionario monolingue risulta di gran lunga più utile nell’apprendimento di una LS, poiché permette di entrare direttamente e totalmente nel sistema della lingua meta. Questa dovrebbe essere una ragione sufficiente per assumere questo tipo di espressioni come lemmi da inserire in un dizionario monolingue.

I falsi amici, invece, riguardano sia il momento della comprensione sia quello della produzione: sono lemmi o frasi di due lingue che si assomigliano per il modo in cui sono scritti o pronunciati (omografi o omofoni), ma che hanno un senso diverso. Riporto nella tabella seguente qualche esempio di falso amico tra spagnolo e italiano.

Español Italiano Español Italiano
Adición Addizione Adicción Assuefazione
Ir Andare Andar Camminare
Anzuelo Amo Amo Padrone
Estreñido ostipato Constipado Raffreddato
Tripulación Equipaggio Equipaje Bagaglio
Mirar Guardare Guardar Conservare
Ancho Largo Largo Lungo
Apuntar Mirare Mirar Guardare
Coger, agarrar Prendere Prender Accendere
Quedare Restare Restar Sottrarre
Subir Salire Salir Uscire
Parecer Sembrare Sembrar Seminare
Hombro Spalla Espalda Schiena
Sufrir Subire Subir Salire
Sin embargo Tuttavia Todavia Ancora
Chimenea Camino Camino Percorso
Mantequilla Burro Burro Somaro
Trueque Baratto Barato Económico

Partendo sempre dal presupposto che l’affinità tra spagnolo e italiano permetta di decifrare facilmente il vero significato dei falsi amici grazie al contesto, la comprensione linguistica viene minata in maniera relativamente blanda. Il problema dei falsi amici, quindi, riguarda le false affinità tra le lingue. Ovviamente non riguarda solo lingue affini, ma nel caso di lingue affini si intensifica. Secondo Laufer [25] esistono, in generale, tre tipi di difficoltà lessicali:

(1) Termini sconosciuti e opachi. (2) Termini che si crede di conoscere, ingannevoli trasparenze, che a loro volta si dividono in: (a) parole la cui struttura morfologica fa erroneamente interpretare i loro componenti come morfemi; (b) frasi idiomatiche tradotte letteralmente; (c) falsi amici (o paronimi); (d) parole polisemiche i cui significati non corrispondono in toto a quelli della propria L1; (e) synforms: parole della LS che sono simili tra loro nella forma, ma che differiscono sul piano semantico. Secondo M. V. Calvi (1995), in questi casi, la confusione può avvenire per due ragioni: quando lo studente conosce solo una delle parole di quel gruppo e ritiene che sia identico a quello noto; se invece li ha studiati entrambi, può essere incerto nell’assegnare alle varie forme i rispettivi significati. (3) Termini sconosciuti che il contesto non permette di decifrare.

I termini appartenenti al secondo gruppo sono quelli che presentano più tranelli a livello interpretativo: i termini distanti obbligano lo studente ad un’interpretazione e a portare successivamente a termine una verifica attraverso il dizionario o l’insegnante; invece, proprio per mancata consapevolezza della non corrispondenza tra L1 e LS, i termini affini infondono falsa fiducia ed ostacolano decisamente la comprensione. I falsi amici, quindi, possono essere responsabili di distorsioni interpretative a causa della forte tendenza del transfer. Ad ogni modo, nell’interpretazione globale di un testo, giocano un ruolo fondamentale le trasparenze (termini conosciuti e simili anche nel significato) come elemento chiave per la comprensione.

Corpus di errori di studenti ispanofoni: analisi delle produzioni scritte di studenti portoricani

In questa parte prenderemo in analisi alcuni lavori svolti da studenti portoricani ispanofoni alle prese con l’apprendimento dell’italiano LS. Lo scopo è vedere fino a che punto la lingua materna degli studenti influenzi lo studio di una lingua affine, come è il caso di spagnolo e italiano. Abbiamo per questo potuto raccogliere un corpus di lavori scritti abbastanza nutrito: quattro classi (da circa 20 studenti l’una) del 3° e 4° semestre d’italiano (che corrispondono al nostro 2° anno di studi universitari), per un totale approssimativo di 80 scritti su temi diversi, realizzati durante l’arco del semestre. In questa fase, gli studenti affrontano la sintassi della subordinazione e le orazioni più complesse, ed è proprio questo il momento in cui è più forte e critica l’influenza interlinguistica. Raccogliere i loro errori significa esplorare il grado di contaminazione tra L1 e LS, ed analizzarli serve per evidenziare il loro stadio di interlingua e gli errori a rischio di fossilizzazione.

In generale, le strategie più frequenti sono: (a) riduzione (semplificazione di strutture alquanto complesse, come per esempio evitare il congiuntivo; omissione di alcune parole; ipergeneralizzazione, come per esempio errore sintattico nell'uso della preposizione di invece dell'avverbio come o della congiunzione che nei comparativi); (b) creatività (italianizzazione di una parola spagnola; creazione di nuove parole applicando le regole di formazione di parole che lo studente conosce già); (c) imitazione (ripetizione di strutture ascoltate dall’insegnante o dal lettore madrelingua; ripetizione delle correzioni apportate dall’insegnante in composizioni precedenti); (d) evasione (evitare strutture difficili o di cui non si ha pieno dominio, per esempio evitare il discorso indiretto citando con virgolette).

Abbiamo considerato errori che tendono alla fossilizzazione quelli per cui gli studenti non portano a termine un’autocorrezione adeguata e che si presentano in modo sistematico. Per completare la ricerca in modo esaustivo bisognerebbe analizzare le composizioni degli stessi studenti in fasi più avanzate dell’apprendimento dell’italiano LS. Sicuramente, quegli studenti che non andranno avanti nello studio dell’italiano, tenderanno a fossilizzare anche gli errori che in generale sono meno soggetti alla fossilizzazione. Comunque, generalizzando, si può affermare che gli errori a più alto rischi di fossilizzazione sono:

(1) le preposizioni, in generale, ma soprattutto nel caso dei verbi di movimento. In spagnolo, i verbi di movimento sono accompagnati dalla preposizione a, mentre l’italiano presenta una situazione meno omogenea, in quanto: si usa in con i nomi di Paesi, continenti, regioni; si usa a con i nomi di città, paesi e luoghi piccoli; si usa da con nomi propri di persona o parenti. Queste differenze rappresentano non poche difficoltà per gli studenti ispanofoni, soprattutto per l’abbondanza di eccezioni che la lingua italiana presenta anche nella combinazione di queste preposizioni con gli articoli determinativi. Inoltre, esistono variazioni anche con i sostantivi che appartengono allo stesso campo semantico. Es. Vado in discoteca, Vado al cinema, Vado a teatro, ecc. Esempi di errori: “Quando arrivo a posti come questi [...]”; “[...] e siamo andati a Francia”; “Non mi piace andare in vacanza a la montagna”. Anche il complemento di stato in luogo presenta difficoltà. In spagnolo, tale complemento viene introdotto dalla preposizione en, mentre in italiano: si usa in con Paesi, continenti, regioni e piccoli posti; si usa a con città, paesi e piccole isole (salvo eccezioni, es. Sono al mare, Sono in montagna, ecc.) Esempi di errori: “Non ero stato mai in un concerto di jazz”; “[...] e mi ha chiamato mentre ero nel supermercato”. Esiste anche una tendenza ad usare di anche nel caso di un moto da luogo. Si tratta forse di un trasfer negativo che vede il passaggio fisso da de a di: “Hanno cominciato a correre come se fuggissero di qualcosa”; “Di ritorno della discoteca”; “E quando torno dell’università [...]”.

(2) L’uso delle particelle pronominali quali CI e NE producono quindi due tipi di errore: (a) confusione tra i due pronomi, per cui l’alunno avverte la necessità di usare una particella pronominale, ma ne usa una al posto dell’altra. Questo errore è dovuto alla necessità di consolidare questo aspetto grammaticale. Esempi: “La domenica sono andato in discoteca, ma il lunedì non ne vado: riposo”; “Sono stato poco tempo lì: ci sono tornato perché avevo poco tempo per visitarla”; “[...], ma io invece non ne pienso così”. (b) omissione delle particelle pronominali, anche quando sono necessarie in italiano: “Tutto dipende da crediti universitari: mi (_) mancano sei per finire la università”; “Mai vado all’università il venerdì: (_) vado tutti gli altri giorni della settimanna”; “Invece di darme 10 dollari, mi (_) ha dato 7”.

(3) Le perifrasi verbali costruite con il gerundio: riguarda più l’aspetto stilistico che grammaticale. Nelle produzioni scritte spicca un abuso del gerundio nelle perifrasi verbali che indicano continuità. In italiano: Stare + gerundio (es. Sta dormendo in camera sua); Continuare + a + infinito (es. Continua a interrompermi senza motivo); Andare / Venire + gerundio (es. Il tempo va migliorando sensibilmente). In spagnolo: Estar + gerundio (es. Está durmiendo en su habitación); Seguir + gerundio (es. Sigue interrumpiéndome sin razón); Ir / Venir + gerundio (es. El tiempo va mejorando paulatinamente). Come si può notare dallo schema, non c’è molta differenza nella formazione di queste perifrasi. Ciò che fa la differenza sta nel fatto che in spagnolo si usano in molti più contesti rispetto all’italiano e si rispecchia negli errori commessi da ispanofoni: “Due persone si sposano e con il tempo si vanno rendendo conto che non si amano”; “Dopo un po’ mi stanco di stare facendo le stesse cose di sempre”; “In questo periodo dell’anno i professori seguono dando compiti senza tregua”. Questo è un caso di transfer negativo. In alcuni casi, dal punto di vista grammaticale non è proprio errato l’uso di queste perifrasi verbali, ma in certi contesti sono poco frequenti. Per questo non si segnala tale scelta come un errore, ma si fornisce allo studente la variante più corrente dal punto di vista pragmatico della lingua.

(4) Posizione degli avverbi di frequenza già, mai, sempre, appena, ecc. nei tempi composti. In italiano, si collocano in genere tra ausiliare e participio passato. In spagnolo, ciò è un grave errore, poiché si posizionano davanti al verbo (es. Nunca he ido a España), dietro al verbo (es. No he ido nunca a España) o dopo il complemento (es. No he ido a España nunca). Agli ispanofoni, quindi, suona scorretta la costruzione italiana Ausiliare + Avverbio + Participio Passato e tendono a trasferire quella spagnola all’italiano. Errori: “In Italia sempre ho mangiato delle spaghetti buoni”; “Non ero stato mai in un concerto di jazz”; “Ho pensato in tutte le cose che non ho fatto ancora. La posizione degli avverbi riguarda principalmente, ma non esclusivamente i tempi composti. Osserviamo i seguenti esempi: Sempre è un male di cui non mi posso allontanare”; “Mia mamma sempre si lamenta perché mai la aiuto in casa”.

(5) Uso scorretto del modo verbale nelle subordinate. L’aspetto più preoccupante riguarda la scelta tra congiuntivo e indicativo. Nelle composizioni analizzate spicca una certa confusione legata a: (a) Verbi di opinione. In generale, lo spagnolo osserva il seguente schema: Frase affermativa: V di opinione + que + indicativo; Frase negativa: V di opinione + que + subjuntivo. In italiano, invece, si usa il congiuntivo sia nelle frasi negative che positive. Errori: “Inoltre, penso che la felicità è diversa”; “Credo che la famiglia è al primo posto”; “Mi sembra che i francesi sono un po’ troppo refinati”; “Pensavo che Firenze e Roma erano più vicine”; “Credo che negli prossimi anni la situazione va a cambiare (uso scorretto anche della perifrasi verbale impiegata). (b) Subordinate temporali. L’italiano utilizza l’indicativo presente o futuro dopo la congiunzione “quando”, mentre lo spagnolo vuole il congiuntivo presente quando l’azione si riferisce ad un momento futuro. Errori: “Quando finisca l’università, andrò in vacanza”; “Quando lo incontri, gli dirò lo che penso”; “[…] finché la contaminazione continui ad essere un problema non risolto”; “Già so che quando prenda l’esame […] sarò molto estressata”.

Conclusioni

La maggior parte degli errori, come si può facilmente notare, dipende dall’interferenza della lingua madre, lo spagnolo, che esercita una forte influenza nel processo d’apprendimento e da cui dipendono soprattutto le strategie creative. Si parte, infatti, dalla propria lingua madre per arrivare a formulare ipotesi sulla lingua affine, impiegando anche la creatività mediata dalla coscienza linguistica data dall’analisi contrastiva tra la lingua materna e la lingua affine.

Bisogna però stabilire quali siano gli errori sottoposti ad un maggior rischio di fossilizzazione. Sicuramente, molti di essi sono transitori: i problemi legati alla coniugazione dei verbi, alla concordanza di genere e numero nelle diverse categorie grammaticali che formano la frase, alla creazione del lessico e alle improprietà semantiche scompaiono in tappe più avanzate. Ciò si nota dal fatto che questo tipo di errori non viene commesso sistematicamente, inoltre, nella fase di autocorrezione, la grande maggioranza degli studenti riesce a riconoscere questo tipo di errore e a proporre la soluzione corretta. Determinati gli errori che tendono alla fossilizzazione, abbiamo potuto riconoscere certe strategie impiegate dagli alunni, le quali presentano le seguenti caratteristiche: (1) le strategie sono universali e non appartengono ad un singolo individuo, poiché si ripetono nella maggior parte delle composizioni; (2) l’uso di tali strategie è sia cosciente che inconsapevole: gli alunni sanno di usare alcuni «trucchi» per migliorare la loro produzione linguistica, ma non sono coscienti di usarne altri; (3) Nel caso di lingue affini quali italiano e spagnolo, gli alunni ricorrono costantemente alla lingua madre, sia in modo consapevole che non. (4) L’autocorrezione è molto frequente. Questo punto riguarda soprattutto la produzione orale: gli studenti spesso si fermano mentre parlano per autocorreggersi. Ciò avviene anche con le produzioni scritte: nel momento in cui si riconsegnano i lavori non ancora corretti, viene innestata la funzione monitor perché gli studenti possano riconoscere i propri errori.

Notas

[1] Calvi, M. V., Didattica di lingue affini: spagnolo e italiano, Guerini, Milano, 1995. Ritornare

[2] Calvi, M. V., «Aprendizaje de lenguas afines: español e italiano», Revista RedELE, número 1, http://www.mec.es/redele/revista1/calvi.shtml, Agosto 2007. Ritornare

[3] Renzo Titone, Glottodidattica. Un profilo storico, Bergamo, Minerva Italica, 1980. Ritornare

[4] Mioni, Boringhieri, A. (a cura di), Linguaggio, pensiero e realtà (raccolta pubblicata postuma dei principali scritti di B. L. Whorf), Torino, 1970, 1977, p.198. Ritornare

[5] In questa occasione, non è rilevante la differenza tra LS e L2, in quanto la LC non studia il contesto in cui avviene l’apprendimento. Si tenga comunque presente che per L2 s’intende l’apprendimento di una lingua straniera in un contesto naturale, mentre per LS in un contesto esolinguistico. Ritornare

[6] Corder, S. P., «The significance of learner’s errors», in: International Journal of Applied Linguistics, Oxford, 1967, pp.162-170. Ritornare

[7] Dulay, H., Burt, M., Krashen, S., La seconda lingua, Il Mulino, Bologna, 1985. Ritornare

[8] Chomsky, N., «Explanatory Models in Linguistics», in: Logic, Methodology and Philosophy of Science, ed. E. Nagel, P. Suppes, and A. Tarski. Stanford, Stanford University Press, California, 1962, pp.28-50. Ritornare

[9] Saphir-Whorf hypothesis. Cfr. Jandt, Fred E., An introduction to intercultural communication (identities in a global community), SAGE Publications, Thousand Oaks (California), 2003. Ritornare

[10] Gardner, R., Social psychology and second language learning: the role of attitudes and motivation, London, Arnold, 1985. Ritornare

[11] Fernández, S., Interlengua y análisis de errores en el aprendizaje del español como lengua extranjera, Edelsa, Madrid, 1997. Ritornare

[12] Si ritiene, a questo punto, opportuno parlare di interlingue, proprio per il carattere evolutivo e idiosincrasico di tale fenomeno. Ritornare

[13] Chini, M., Che cosa è la linguistica acquisizionale, Carocci, Roma, 2005. Ritornare

[14] Corder, 1967, op.cit.; Selinker, L., «Interlanguage», IRAL, n° 10, 1972, pp. 209-231. Ritornare

[15] Santos Gargallo, I., Análisis contrastivo, análisis de errores e interlengua en el marco de la lingúística contrastiva, Editorial Síntesis, Madrid, 2000, p.133. Ritornare

[16] Domínguez Vázquez, M. J., «En torno al concepto de interferencia», http://www.ucm.es/info/circulo/no5/dominguez.htm, Lugio 2007. Ritornare

[17] Domínguez e Lado parlano di L2, cioè l’apprendimento linguistico in un contesto naturale. Visto che le teorie legate all’influenza interlinguistica non cambiano in base al contesto, e dal momento che il presente lavoro ha come oggetto di studio l’italiano imparato in un contesto esolinguistico, preferisco qui utilizzare la sigla LS. Ritornare

[18] Kellerman, E., Sharwood Smith, M., Crosslinguistic Influence in Second Language Acquisition, Pergamon Press, New York, 1986. Ritornare

[19] Selinker, L., Han, Z. H., «Fossilization: status of the concept», in: http://www.bbk.ac.uk/llc/al/larry/status.pdf, 2001. Ritornare

[20] Calvi, M. V., Didattica di lingue affini, op. cit. e Montalto Cessi, D., «Bases para una didáctica del español para italófonos», in: Sierra, F., Hernández Gonzánez, Las lenguas en la Europa comunitaria III, Diálogos Hispánicos, 1999, pp. 321-332. Ritornare

[21] Kellerman, , E., Sharwood Smith, M., Crosslinguistic Influence in Second Language Acquisition, Pergamon Press, New York, 1986.

[22] Bailini, S., «Análisis de errores en las producciones escritas de estudiantes españoles de italiano» L2, in: Carpani, D. (a cura di), En obras 2. El error. Experiencias didácticas, Oediplus, Milano, 2003, pp.134-154. Ritornare

[23] Santos Gargallo, I., Análisis contrastivo, análisis de errores e interlengua en el marco de la lingúística contrastiva, Editorial Síntesis, Madrid, 2000. Ritornare

[24] Per approfondire: Calvi, M. V., «Interferenze delle altre lingue straniere studiate nell’apprendimento dello spagnolo», http://cvc.cervantes.es/literatura/aispi/pdf/03/03_007.pdf. Saggio sull’insegnamento dello spagnolo LS in italia, ma esemplifica in modo chiaro le interferenze tra francese, spagnolo, inglese e italiano. Ritornare

[25] Laufer, Batia, «The lexical plight in second language reading», in: Coady, J. e Huckin, T. (a cura di), Second Language Vocabulary Acquisition. A Rationale for Pedagogy, Cambridge University Press, 1997. Ritornare

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